A volte leggere (e scrivere) è anche questo: un atto di ribellione, un gesto silenzioso di resistenza a tutte le contingenze e limitatezze del nostro esistere.

Sappiamo che non sarà tutto rose e fiori, sappiamo che ci sarà da tribolare ma esiste qualcosa, lì sul comodino, che ci riappacifica e tranquillizza, una piccola-grande bellezza quanto mai necessaria, ma anche una bellezza un po’ fragile e indigente, che hai come l’impressione che ti incenerisca fra le dita, non puoi leggerne troppa perché sparisce.

Ne Le vite degli altri, gran bel film tedesco del 2006, il capitano della Stasi Wiesler viene incaricato di spiare lo scrittore Georg Dreyman: il regime lo vorrebbe feroce e inflessibile castigatore di qualsiasi presunto cospiratore. Ma l’amore di Dreyman per la letteratura e la musica in qualche modo lo cura e gli fa cambiare idea.

Resistere oggi, in assenza di oppressioni fisiche, per me vuol dire tenere ben nascosto ma vivo, dentro ognuno di noi, un germe di ribellione contro qualsiasi omologazione e appiattimento del nostro pensiero, contro l’inaridimento dei nostri sentimenti, e fare poesia (o poesia in prosa) è uno dei modi migliori che conosco per resistere.

 

Articolo di Francesco Mencacci (direttore didattico Scuola Carver)