La Giraffa e altre cose stupite

La Giraffa e altre cose stupite

Uno dei motivi per cui leggiamo penso sia il fatto inconfutabile che lì dentro cerchiamo cose che conosciamo bene ma ci siamo persi per strada, come biglie colorate che spariscono in fondo a una tasca bucata, e ci piace che qualcuno le ritrovi per noi: sono i famosi pensieri già pensati (che acquistano sulla pagina scritta un suggello di conferma) di cui parla Pavese in quel suo tristissimo – ma necessario – libro che è Il mestiere di vivere.

Sono cose semplici ma sfuggevoli, come il “tizio che sembra soffrire per la pioggia”, che Georges Perec recupera per noi, nel suo tentativo di interrogare l’abitudine e catalogare il reale noto come TELP (tentativo di esaurimento di un luogo parigino).

Per farlo serve ritrovare lo stupore perduto, senza dimenticare – ovviamente – di portarci dietro un po’ di sano controllo da adulti, che quando scriviamo serve, eccome se serve. Io ho in mente le cose che scriveva lo scrittore russo Daniil Charms:

C’era un uomo rosso di capelli, che non aveva né occhi né orecchie. Non aveva nemmeno i capelli, tanto che lo dicevano rosso convenzionalmente. Parlare non poteva, dato che non aveva la bocca. Nemmeno il naso aveva. Non aveva neppure le mani e i piedi. E non aveva il ventre, e non aveva la schiena e la spina dorsale, né aveva viscere di nessun tipo. Non c’era niente. Quindi non si capisce di chi si tratti. Anzi, meglio che di lui non ne parliamo più, e non chiedetemi di raccontarne ancora.
Oppure quelle più sintetiche e fulminanti di Bergonzoni quando scrive:

In cielo c’era una splendida mezza luna, un pugno di prezzemolo e tante stelle”, e ti ci vuole un pochino per capire cosa c’entri la mezza luna con il prezzemolo, salvo poi capirlo e sorridere di meraviglia.
E concludo con un grande classico (Stefano Benni d’annata, sempre gradito) a proposito di vedere l’ordinario (animale comune) sotto una nuova luce, piena di meraviglia: 

“La giraffa ha il cuore lontano dai pensieri. Si è innamorata ieri, e ancora non lo sa”.

 

Articolo di Francesco Mencacci (direttore didattico Scuola Carver)

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