Scrivere da vicino: esaurire l’endotico

Scrivere da vicino: esaurire l’endotico

Chiunque voglia scrivere, e magari non sa da dove cominciare, sappia che ha una grandissima opportunità: partire dal pezzettino di mondo che ha sotto il naso, ovvero l’endotico. Come molti scrittori prima di lui, può dunque prendere un quaderno, o un taccuino, e cominciare a osservare (prima) e descrivere (dopo) spaccati di quotidiano con la pazienza di un bambino ai suoi primi pensierini. “Dalla mia finestra vedo un albero, e un gatto, e una donna che passa con un cane al guinzaglio…” e così via. Sembra una sciocchezza, e invece non lo è: niente è più difficile del notare veramente quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Figuriamoci descriverlo.

Lo scrittore francese Georges Perec tentò una volta di esaurire, ossia descrivere completamente, in ogni più minuscolo dettaglio, e senza un sentimento, come un’asettica fotografia, un luogo di Parigi: place Saint Sulpice. Si sedette al tavolino di un bar, ordinò qualcosa da bere, tirò fuori un taccuino e cominciò a nominare ed enumerare tutto quello che vedeva, tutto quello che passava di là.

Ecco un estratto del suo TELP (Tentativo di Esaurimento di un Luogo Parigino):

Giorno: 18 ottobre 1974
Ora: 12 e 40
Luogo: Bar del Municipio
 

diverse decine, diverse centinaia di azioni simultanee, di microeventi, ognuno dei quali implica delle posizioni, degli atti motori, dei dispendi specifici di energia:

discussioni a due, discussioni a tre, discussioni a più persone: il movimento delle labbra, i gesti, le mimiche espressive

forme di locomozione: camminare, veicolo a due ruote (senza motore, con motore), automobili (macchine private, macchine aziendali, macchine da noleggio, autoscuola), utilitarie, servizi pubblici, trasporti cumulativi, pullman di turisti

forme di trasporto (in mano, sottobraccio, sulla schiena)

forme di trazione (carrellino per la spesa)

gradi di determinazione o di motivazione: aspettare, bighellonare, andare piano, vagabondare, andare, correre verso, precipitarsi (verso un taxi libero, ad esempio), cercare, oziare, esitare, camminare con passo deciso

posizioni del corpo: seduti (negli autobus, nelle macchine, nei bar, sulle panchine), in piedi (accanto alle fermate dell’autobus, davanti a una vetrina), accanto a un taxi (nell’atto di pagare)

 

E poi che succede?

All’inizio, leggendo questo testo, e soprattutto tentando di emularne l’intenzione con un vostro appostamento, sarete disorientati. Poi pian piano vi prenderà una strana emozione, quella di una scoperta straordinaria, ovvero del riappropriarsi delle vostre vite, con tutte le loro sfumature, che voi – in quanto scrittori/descrittori – riuscirete a mettere in luce: tornerete a far caso a dei momenti banali ma irripetibili, a piccoli dettagli curiosi, o originali, o addirittura romantici, che vi sarebbero sfuggiti se non aveste messo in atto questa specie di terapeutico appostamento sull’endotico, cose del tipo…

Passa un uomo che sembra soffrire per la pioggia

Passa una signora ben vestita che sembra avere male ai piedi

Una ragazza è ferma davanti a un manifesto: mentre osserva lo spettacolo teatrale si attorciglia una ciocca di capelli con un dito

Due ragazzini di appena quindici anni si baciano su una panchina, senza far caso al cane che annusa i loro piedi

Passa un bambino con un gelato in mano: ha gli occhi tristi

L’obiettivo di una scrittura senza sentimento, di una fotografia priva di interventi emotivi del descrittore, alla fine finisce per naufragare: è impossibile per lo scrittore non filtrare la propria abitudine attraverso il suo mondo interiore, ma resta comunque un esercizio davvero efficace. L’endotico è importante.

Cosa aspettate? Appostatevi in una piazza della vostra città, osservate scrivete.

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