Mano – Un microracconto di Caterina Corucci

Mano – Un microracconto di Caterina Corucci

L’hanno ritrovata stamani all’alba, era sepolta proprio nel giardino di casa sua. È stato il cane a richiamare l’attenzione dei vicini, abbaiava e scavava con quelle zampette proprio sotto l’albicocco. Non si dava pace quel maledetto cane, l’hanno sentito guaire, poi ululare, sembrava un’invasione di randagi ma c’era lui soltanto. Poi l’hanno visto tornare a casa con una mano in bocca, e allora hanno chiamato la polizia.

Dicono che la donna avesse il cranio fracassato, forse con un martello e che l’hanno fatta a pezzi con gli indumenti e tutto. L’hanno trovata con i resti del pigiama addosso, quindi non aspettava visite, eppure ha aperto la porta al suo assassino; pare che non ci siano segni di scasso. Doveva essere un amico, un conoscente, o un vicino di casa. Dicono che ci fossero due tazze e una tisaniera d’argento, sul tavolino.

C’erano schizzi di sangue dappertutto. Dicono che nella casa dall’aria stantia e piena di polvere c’è una scia sul pavimento fino alla porta d’ingresso, e tracce fino in giardino, fino all’albicocco, roba da voltastomaco. È stata messa in un sacco tutta spezzettata, e poi trascinata, era una donnina leggera.
Non c’è voluto molto a tirarla fuori da sotto terra, la buca non era profonda. Chi l’ha sepolta non ha scavato molto per fortuna, così l’odore denso ma filtrabile, è stato fiutato dal cane altrimenti, forse, non l’avrebbero trovata mai.

La polizia ha scoperto che mancano i gioielli, li nascondeva tra i vasi di fiori sul terrazzo, ma qualcuno doveva saperlo.

Hanno interrogato tutti, compresa un’anziana vecchietta magra come un pinocchio allegro, con due mani nodose che muoveva veloci sotto gli occhi dell’ispettore e dalla stretta tenace. Ha detto che la vittima la conosceva poco, non ci parlava un gran che con quella lì che, invece di stare a casa a preparare il brodo o spolverare, se ne andava in giro tutta ingioiellata dandosi le arie.
È stato interrogato anche il figlio del rigattiere, quel fannullone gonfio e rosso, una croce per il padre, un disgraziato che è riuscito a disgregare la famiglia. Pare che abbia dormito in macchina qui davanti la notte scorsa, era ubriaco. Gli hanno chiesto se avesse visto o sentito qualcosa, ma non ricordava niente, come tutte le volte che beve troppo.

La drogata del civico numero undici non sono riusciti a trovarla, in casa non risponde nessuno ma la stanno cercando. Ha sempre bisogno di soldi, lo sanno tutti; chiede prestiti a chiunque e ruba nei supermercati. L’ispettore sembra uno che dorme, invece non ha aspettato neanche di avere il mandato, con una carambola ha sfondato la porta ed è entrato nell’appartamento. Lui è un outsider del mestiere, ha i suoi modi, però stavolta non ha trovato niente.

Poi hanno interrogato il giardiniere che va a rasare il prato il lunedì, un povero diavolo con qualche precedente, l’hanno torchiato bene bene sotto l’albicocco e poi hanno prelevato gli attrezzi da giardinaggio per analizzarli: le cesoie, l’ascia, e anche la pala. A quel punto ha dato una pedata al cane che gli è passato vicino, facendolo mugolare di dolore.

I vicini di casa si sono riuniti attorno alla scena del delitto, annuivano e mormoravano compiaciuti, come a voler dire “ci siamo, l’avete trovato, è stato lui”. Alla fine, hanno visto il povero diavolo montare sul cellulare per essere trasferito in questura e l’ispettore arrotolarsi, soddisfatto, i baffi da secessionista americano. Il cane girava come impazzito attorno all’albicocco, sembrava non darsi pace, povero diavolo pure lui.

Non hanno visto l’anziana vicina con le mani nodose osservare la scena dalla finestrella del bagno di casa sua, prendere una spazzola da manicure, e strofinare forte per togliersi del terriccio da sotto le unghie.

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